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Il figlio maggiorenne perde il diritto ad essere mantenuto se non studia e non lavora


di Stefano Cera, consigliere nazionale APS

Tribunale di Bologna, sent. 8187/2025 del 19 maggio 2025

Con la sentenza in commento il Tribunale di Bologna, aderendo ad un recente e sempre più consolidato orientamento della Corte di Cassazione (si veda da ultimo Cass. Civ. 16 settembre 2024 n. 24731), ha revocato il mantenimento di un ragazzo di 26 anni che, terminato il percorso di studi superiori, non si era diligentemente attivato per la ricerca di una occupazione.

La decisione di merito si basa su due fondamentali principi: l’inerzia colpevole e l’onere della prova. Il Tribunale ribadisce come sia un dovere del figlio maggiorenne, al termine del percorso di studi, attivarsi proficuamente per reperire una occupazione, adattandosi anche ad impieghi che non rappresentino esattamente la logica conseguenza del percorso di studi seguito. Il maggiorenne, dunque, non può attendere il lavoro “della vita” ma deve adattarsi, rendendosi indipendente quanto prima possibile.

Nel corso del giudizio, poi, sarà il figlio che richiede l’assegno a dover provare di aver fatto quanto in suo potere per reperire una occupazione, esonerando così il genitore dal dover dimostrare la sua raggiunta indipendenza economica.

Si tratta di un fondamentale principio, anch’esso mutato dalla giurisprudenza di legittimità, che semplifica gli oneri probatori a carico del genitore obbligato, introducendo una presunzione secondo la quale è il soggetto che richiede il diritto a dover dimostrare di essere nelle condizioni economiche tali da poterlo azionare in giudizio.

Nel caso in esame il figlio maggiorenne non aveva allegato alcuna prova in merito alla sua presunta ricerca di una occupazione, limitandosi ad eccepire di non aver trovato lavoro e di essere dunque in situazione di non autosufficienza economica; tali affermazioni, non provate documentalmente, non sono state ritenute dal giudice sufficienti per poter mantenere in vita l’assegno di mantenimento.

La decisione in commento è certamente rilevante in quanto conferma l’orientamento di molti tribunali italiani diretto a responsabilizzare i figli maggiorenni verso la ricerca dell’indipendenza economica, limitandone i diritti al mantenimento in proporzione alla ricerca attiva della propria autonomia.

Stefano Cera

L'avvocato Cera è un riconosciuto esperto nel diritto di famiglia, delle persone e dei minori, ambiti in cui opera con competenza e passione. Laureato in Giurisprudenza a Bologna nel 1999 e abilitato alla professione nel 2002, ha consolidato la sua preparazione con un prestigioso Master biennale in diritto delle relazioni familiari presso l'AIAF.

Dal 2015 è iscritto all'Albo degli avvocati presso le Magistrature Superiori, un traguardo che riflette il suo impegno e la sua eccellenza professionale. Autore di pubblicazioni di rilievo, come “Tutela della disabilità nella crisi della famiglia” (Giuffrè, 2022) e “Scusa del tu” (Midgard Editore, 2015), è una voce autorevole nelle riviste specialistiche “Persona e Danno” e “Il Familiarista”.

Attivo anche nel sociale, l'Avv. Cera è consigliere nazionale dell'Associazione Padri Separati e membro fondatore dell'Associazione Bolognese Amministratori di Sostegno, confermando il suo impegno non solo come avvocato, ma come punto di riferimento per il supporto alle persone e alle famiglie in difficoltà.

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